“Erano tanti, i fotografi, al Jamaica. Come i pittori, gli scrittori, i cineasti, i giornalisti. O, per meglio dire, erano tanti i giovani che si erano messi in testa di fare uno di questi mestieri – e che sarebbero riusciti a farlo, e, in molti casi, anche benissimo. Per chiunque sia nato e cresciuto al Jamaica le loro fotografie più belle restano quelle là, con quattro o cinque giovani molto giovani seduti sulle poltroncine di ferro del “giardino”, o dentro, contro lo sfondo di piastrelle bianche, in vaghe pose sognanti e incomprensibili, davanti a un bicchiere di bianco e ad altre cose – cose invisibili, queste, eppure, a guardare bene, specchiate confusamente nelle loro pupille e magari anche raffigurate come enigmi da quattro soldi nelle pose di quel loro orgoglio inconsistente, fin troppo vulnerabile…”
(Emilio Tadini, dal libro Jamaica. Il caffè degli artisti visto attraverso l’obiettivo dei suoi fotografi. Milano, 2001)
“Erano tanti, i fotografi, al Jamaica. Come i pittori, gli scrittori, i cineasti, i giornalisti. O, per meglio dire, erano tanti i giovani che si erano messi in testa di fare uno di questi mestieri – e che sarebbero riusciti a farlo, e, in molti casi, anche benissimo. Per chiunque sia nato e cresciuto al Jamaica le loro fotografie più belle restano quelle là, con quattro o cinque giovani molto giovani seduti sulle poltroncine di ferro del “giardino”, o dentro, contro lo sfondo di piastrelle bianche, in vaghe pose sognanti e incomprensibili, davanti a un bicchiere di bianco e ad altre cose – cose invisibili, queste, eppure, a guardare bene, specchiate confusamente nelle loro pupille e magari anche raffigurate come enigmi da quattro soldi nelle pose di quel loro orgoglio inconsistente, fin troppo vulnerabile…”
(Emilio Tadini, dal libro Jamaica. Il caffè degli artisti visto attraverso l’obiettivo dei suoi fotografi. Milano, 2001)
004-022-35
Alfa Castaldi, Anni '60
Bar Jamaica, Milano (Italia)
Contatti
archivio@carloorsi.com